Gli effetti della cocaina

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La cocaina è un alcaloide. Ma non credo che questa delucidazione serva. La cocaina è una droga. Ed è una droga maledettamente “cattiva”, perché a differenza dell’eroina non stigmatizza chi ne fa uso e a differenza degli allucinogeni non esige che il consumatore smetta di fare quello che sta facendo. La cocaina è una droga cattiva perché fa credere a chi la consuma che non è un drogato, ma che anzi è una persona iperattiva, piena d’energia e ben calata nella società contemporanea, magari anche un uomo di successo, non come quei “reietti” che si bucano o come quei “fulminati” che calano. Non ci vogliono aghi per la cocaina, non ci sono segni evidenti, la si tira su col naso, o la si fuma. Sembra normale farlo, e sembra, e questo è l’inganno di questa droga, che non ci siano particolari controindicazioni, che, tutto sommato, i benefici siano più dei costi, che fisicamente non lasci particolari segni. Poi “tiravano e tirano ” personaggi di successo del mondo della finanza, dello sport, dello spettacolo, e se lo fanno loro…

Fra qualche anno scoppierà una delle più grandi emergenza sanitarie che l’umanità abbia mai conosciuto, e sarà un emergenza sottesa che non avrà il clamore di un’epidemia di influenza o di un virus letale, ma ci coglierà ugualmente del tutto impreparati. Tra qualche anno (al massimo una decina) tutti quei ragazzi che oggi abusano di cocaina e che lo fanno con la stessa naturalezza con cui si può bere un caffè (che tra l’altro è anch’esso un alcaloide), saranno adulti e soffriranno delle innumerevoli conseguenze che l’uso della polvere bianca porta meschinamente con sé. Infatti, se saranno sopravvissuti al rischio d’infarto, di ictus, o di incidente stradale, avremo delle persone profondamente diverse, modificate nei loro tratti di personalità solitamente nella direzione paranoica. La cocaina, bloccando il riassorbimento della noradrenalina e della dopamina (due neurotrasmettitori) fa sì che il funzionamento normale del cervello si blocchi e che compaiano (sul lungo periodo) un ventaglio di disturbi spesso indistinguibile dalla psicosi, e per i quali non ci sono rimedi che possano riportare la persona allo stato pre-sintomi. L’unica soluzione che abbiamo è quella di non arrivare a questo. Smettere prima che sia troppo tardi, con l’aiuto di chi (famiglia, psicoterapeuti e psichiatri) può farlo.

Dott. Cristiano Pacetti

Freud e la cocaina

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Quella che segue è l’introduzione scritta dal dottor Bargellini per una nuova edizione di un vecchio classico della psicoanalisi ovvero: “Sulla Cocaina” di S. Freud. Nella speranza che possa stimolare la vostra curiosità alla lettura.

 

Se escludiamo l’alcool sniffare, fumare, assumere cocaina rappresenta adesso la modalità più comune per accedere a stati di alterazione psicofisica . La cocaina non è più esclusiva degli strati abbienti della società, non è appannaggio di fotomodelle o imprenditori, oggi la polvere bianca si trova  raccolta in “pezzi”, appallottolata in piccole confezioni di cellofan nelle tasche della gente comune, nelle borsette delle signore, nelle mutande degli spacciatori, negli zaini degli studenti, nella cassaforte dei politici,  ovunque. L’hanno beccata disciolta nelle acque dell’Arno in percentuali imbarazzanti, ce ne sono residui nella maggior parte delle banconote che maneggiamo (non tutti si possono permettere il foglio da cento come Scar face), viene scaldata, poi la si frantuma (di solito con la stessa carta di credito utilizzata per prelevare i soldi) suddivisa in strisce o “botti”,  poi si tira su. Sniff, da una narice, sniff ,dall’altra. Ecco fatto, niente aghi, nessuna traccia di sangue, nessun rischio di contrarre sindromi nefaste, nessuna stigmate sociale da eroinomane, se mai l’illusione di appartenere ad una folta schiera di personaggi  tra i quali si possono certamente riconoscere vip, attori,  calciatori, presidenti, insomma quelli che ci vengono reclamizzati come vincenti. Farsi di cocaina oggi è terribilmente semplice e a buon mercato, e sebbene si assista ad un crescente allarme e presa di coscienza attorno ai rischi connessi a questa sostanza, il fenomeno cocainomania continua la sua inesorabile espansione. Ma come si è arrivati a tutto questo? Ma la coca non era una pianta sudamericana utilizzata e masticata dalle popolazioni indigene durante le loro ritualità? Ma chi diamine ce l’ha portata dalle nostre parti? Vi sorprenderà  sapere che tra i primi sostenitori e diffusori dell’alcaloide in occidente possiamo placidamente riconoscere il veneratissimo Sigmund Freud. Quella che segue è una breve prefazione de me  scritta  per una ri-edizione del celebre saggio freudiano  Uber Coca, sua prima, inestimabile pubblicazione. “Nella mia ultima depressione ho fatto uso di cocaina e una piccola dose mi ha portato alle stelle in modo fantastico. Sto ora raccogliendo del materiale per scrivere un canto di preghiera a questa magica sostanza” Tali entusiastiche parole non appartengono a nessuna rock star degenerata né sono riconducibili ad uno dei tanti tossici durante la sua luna di miele con la sostanza. Può apparire paradossale, ma questa non è una lettera appassionata firmata   Diego Armando Maradona, trattasi invece di un prezioso carteggio intrattenuto dal Dottor Sigmund Freud con la sua signora: Martha Bernays . A Vienna correva l’anno 1884. Dovrà ancora passare del tempo prima che Freud incominci a frequentare le pionieristiche lezioni del Professor Charcot presso l’università della Sorbona, ancora non è al corrente dei fenomeni ipnotici e dissociativi, l’isteria non rappresenta affatto il centro dei suoi interessi,ergo teoria e metodo psicoanalitici  sono ben lungi dall’essere partoriti. Possiamo serenamente dire che all’epoca il giovane dottore, né aveva trovato una precisa collocazione all’interno del panorama medico – scientifico, né era riuscito  dare alla sua vita professionale e di coppia sufficiente stabilità. Certo niente di paragonabile alle difficoltà che un giovane di oggi deve incontrare per poter guardare al futuro con un minimo di tranquillità, ma è certamente interessante notare come l’incontro del padre della psicoanalisi con la cocaina va a collocarsi in una fase non facile e turbolenta della sua vita.

Si  laurea con sensibile ritardo in medicina (1881) e si trasferisce Inghilterra, poco dopo torna a Vienna dove si dedica alla studio e alla ricerca in zoologia. Quest’ultima disciplina lo lascia piuttosto insoddisfatto, decide allora di cambiare e concentrare i suoi sforzi nella fisiologia. In questo periodo della sua esistenza si applicherà alle seguenti branche mediche: neurologia, istologia, dermatologia, persino l’oftalmologia riuscirà a solleticare i suoi interessi. Ad ogni modo il successo ed i riconoscimenti ai quali Freud sarà destinato non si concederanno mai attraverso queste materie. E se dal punto di vista professionale la situazione non si è ancora del tutto definita,  il giovane sembra avere non trascurabili fragilità anche sul versante mentale. Come è noto a quel tempo Freud soffriva di depressione, fatica cronica ed altri sintomi  di natura nevrotica. E’ quindi legittimo pensare che il rapporto dell’autore  con la sostanza andasse ben al di là di un semplice interesse scientifico per essa,  e che la cocaina rappresentasse piuttosto un possibile rimedio ai suoi disagi. Non a  caso  Freud si rivolge così alla fidanzata in una lettera  del 21 Aprile del 1884: “Ho letto della cocaina (….) Me ne sto procurando un po’ per me e poi vorrei provarla per curare le malattie cardiache e gli esaurimenti nervosi…”

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