Eros, Pedofila e Perversione

Quella che segue è l’introduzione della mia tesi di Laurea, viene qui riproposta perché il problema della pedofilia purtroppo è sempre attuale, e il modo d’affrontarlo dei media non è certo gran cosa. Buona lettura.

Dott. Cristiano Pacetti

Recentemente si assiste da parte di tutti gli organi d’informazione ad un interesse quasi morboso nei confronti del problema pedofilo. Le cause di questo sono, tra gli altri motivi, da ricercarsi sia nei macroscopici scandali occorsi all’interno di istituzioni pubbliche e religiose (basti ricordare il parlamento belga e il clero americano), sia nella recente diffusione di internet che ha permesso ai pedofili la costituzione di una rete interna che dà loro la possibilità di scambiarsi materiale pornografico a tema pedofilo. Ma i toni utilizzati dai Mass-Media non sono certo tali da permettere una reale comprensione dell’accaduto.

Ora, la domanda che naturalmente nasce, parlando di pedofilia, credo riguardi il perché, una persona adulta, molto spesso realizzata nel lavoro, talvolta accompagnata da una moglie e ben inserita socialmente, rivolga le sue pulsioni sessuali su un soggetto (il bambino) che, per la stragrande maggioranza degli individui non ha nessun aspetto d’attrattiva erotica.

La risposta a questa domanda non è certo di facile formulazione coinvolgendo la storia, la sociologia, la cultura, la psicologia e la biologia. Ma si può tentare, attraverso un percorso deduttivo di arrivare ad una soluzione che in qualche maniera chiarifichi i quesiti più interessanti correlati a questo tema.

Ecco perché la tesi si apre con una prospettiva storica volta a capire se la pedofilia sia un problema dei nostri giorni o, se questa sia sempre esistita in seno all’animo umano. Attraverso la disamina di documenti che vanno dal V secolo a.C. ad oggi, si è potuto vedere come la pratica pederastica combaci col nascere della civiltà occidentale. Ma ancor più interessante è stato appurare come un particolare tipo di pedofila, quello che coinvolge un adulto e un bambino di età inferiore ai 12 anni sia sempre stato visto (anche duemilacinquecento anni fa) come un tabù. Tanto che con il legislatore Solone, quel tipo di rapporto non verrà condannato solo moralmente, ma anche legalmente promulgando la pena di morte all’adulto che si fosse trovato coinvolto in questo crimine. La Grecia antica sembra dunque non essere quell’eldorado del sesso che tanto piace descrivere ai pedofili contemporanei. E anche il rapporto fra discepolo e maestro (tra Eromenion e Erastes), rapporto centrale nella problematizzazione delle pratiche voluttuarie, era regolato da una serie di imposizioni morali volte alla separazione dell’amore spirituale da quello terreno, i maestri, ammettevano sempre l’attrazione fisica che l’efebo ispirava ma si costringevano a non concupirlo, in forza della loro determinazione della sostanza etica.

Quando poi, in epoca imperiale il matrimonio, che esige la concupiscenza tra soggetti (accomunando i piaceri dell’Eros a quelli di Afordite) assumerà il ruolo centrale nella problematizzazione sessuale, l’uomo per sua natura attratto dai fanciulli si ritroverà molto più libero di abusare del giovane amante, anche per il fatto che questo sarà di natali servili per l’avvenuto mutare della legislazione.

Arriverà poi il diritto canonico e la pastorale cristiana ad allontanare ulteriormente l’amore pedofilo dal campo della normalità, ad accusare di blasfemia quasi qualunque pratica sessuale e a costringere nel silenzio e nella vergogna sia l’abusante che l’abusato.

Il fiorire poi della discussione sulla sessualità che negli ultimi tre secoli sembra incessantemente accompagnare le gesta dell’uomo moderno, non ha intaccato in alcun modo la technè ormai consolidata del pedofilo, ma gli ha creato attorno una serie di quadri nosologici, di definizioni volte ancor più alla sua ghettizzazione e alla conseguente difficoltà di sublimare il suo amore per i fanciulli.

Lo stesso termine pedofilia è di recente coniazione. Fu infatti solo nel 1886 che lo psichiatra tedesco Richard Von Krafft-Ebing lo introdusse per descrivere un particolare gruppo di perversioni caratterizzate dall’inclinazione sessuale che alcuni adulti avevano nei confronti dell’infanzia. Dalla metà del 1800 fino ai primi anni del 1900 sarà prevalentemente la psichiatria ad occuparsi della pedofilia. Medici come Albert Moll, Kraepelin, Bleuler e lo stesso Kraff-Ebing metteranno in stretta correlazione l’agito pedofilo con disturbi mentali di chiara origine organica (oligofrenia, sindrome epilettica, demenza senile). Soltanto in tempi recenti la medicina psichiatrica riformulerà il suo pensiero circa la pederastia arrivando nel D.S.M. IV a classificarla come un disturbo sessuale parafiliaco. Ma ancor più, ponendola sull’asse I del suo sistema diagnostico e non sull’asse II. Confermando con questo che la moderna psichiatria si è definitivamente dissociata dall’idea che la pratica pedofila sia dovuta ad una sorta di malfunzionamento organico, ammettendo che ogni disturbo di personalità può avere tra le sue espressioni la pedofilia.

In ambito più strettamente dinamico sono molte le teorie che direttamente o indirettamente si sono occupate di compire un esegesi dell’agito pedofilo.

•La teoria del narcisismo formulata per primo da Freud e ripresa ed ampliata da più autori (Jacobson, Van Der Waals, Khout), asserisce che il soggetto narcisista impossibilitato nella relazione e nel mantenimento d’una relazione affettiva con un soggetto dotato d’una personalità strutturata (in quanto questo andrebbe a minare pesantemente l’immagine ideale del Sé) si rivolgerebbe a soggetti caratterialmente poco strutturati (i bambini appunto).

•La teoria dell’abusato-abusatore, proposta da Gardland e Dougher.

•La teoria delle distorsioni cognitive di Pithers e Marshall.

•Le teorie cognitiviste di Wyre che avvicinano la pedofilia ad altri comportamenti “additivi”, quali l’alcolismo o la tossicodipendenza abili nel processo di etero attribuzione delle colpe.

•La teoria analitica della Gordon e la probal+ile esistenza di una pedofilia “normale”.

•Le teorie biologiche.

Infine la teoria MULTIFATTORIALE che tutte le riassume proposta da Araij e Finkelhor.

Molto spesso i vari autori tendono ad usare la parola pedofilia come un termine omnibus che racchiude in sé una vasta moltitudine di comportamenti. A questo proposito sembra aver ragione Cosimo Schianta quando asserisce che l’esistenza di un unico termine non favorisce altro che confusione, accomunando in un’unica categoria sia i soggetti violenti che coloro i quali si limitano a qualche (forse non innocente) carezza.

•A questo proposito l’utile distinzione tra PERVERSIONE e PERVERSITA’ per primo proposta da EY nel 1950 potrebbe essere una buona base di partenza per identificare chi agisce con lo scopo di fare del male e chi no.

IN CONCLUSIONE: La pedofilia sembra dunque non essere un’entità nosografica, ma un sintomo riferibile di volta in volta a strutture e organizzazioni molto diverse tra loro e che assume quindi, all’interno di esse valori e significati dinamici assai differenti. La comprensione di strutture e organizzazioni psicopatologiche e personologiche, e del valore dinamico che il sintomo pedofilo assume al loro interno è una via per impostare seriamente, anche in senso terapeutico, la questione delle pedofilie. SOLO UN APPROCCIO INTEGRATO SEMBRA POTER FORNIRE I MEZZI NECESSARI PER POTER TENTARE UN AVVICINAMENTO AL MONDO PEDOFILO, e evitare così che migliaia di bambini ogni giorno si trovino a dover fare i conti con ferite che forse non guariranno mai.

In sintesi dopo la disamina dei vari approcci, si può dire che, forse più che in qualunque altro tipo di indagine psicologica, s’impone all’attenzione dello specialista che voglia trattare e capire la pedofilia