Disoccupazione e Depressione


Queste le fredde cifre tratte da Repubblica del primo dicembre 2009: “più di due milioni di disoccupati in Italia. E’ la prima volta dal marzo del 2004 che l’Istat rileva un numero così elevato di senza lavoro. A ottobre il tasso di disoccupazione è salito all’8% dal 7,8% di settembre. Il numero delle persone in cerca di lavoro è di 2.004.000, in aumento del 2% (+39mila persone) rispetto a settembre e del 13,4% (+236mila) su base annua. Il tasso di disoccupazione giovanile – aggiunge l’istituto di statistica – a ottobre è aumentato al 26,9% dal 26,2% di settembre.”
A questo sconsolante quadro si aggiungono le innumerevoli situazioni di lavoro precario cui adesso sembra addirittura dover aspirare un giovane. Ma se la precarietà crea ansia, non potendo disporre di una progettualità a lungo tempo, non potendo investire nel domani, la disoccupazione si correla molto frequentemente con disturbi ben più gravi. Il primo e quasi inevitabile è un abbassamento del tono dell’umore che dalla tristezza può arrivare ad una vera e propria patologia depressiva. La persona che si ritrova senza un lavoro a quaranta o cinquanta anni vive una condizione di profondo disagio, determinata da un insieme di fattori che coinvolgono non solo la parte meramente economica (certo essenziale) ma anche e soprattutto il ruolo sociale che viene a modificarsi. Il lavoro è vita perché struttura la personalità, in una qualche misura si è ciò che si fa (anche se, non sempre si ha la fortuna di fare ciò che si è). Ecco dunque che quando manca la routine quotidiana del lavorare viene a mancare una parte essenziale non soltanto del mondo esterno ma anche del cosiddetto mondo interiore. Con pesanti ricadute sul senso di auto-efficacia e di autostima. Queste persone vengono spesso lasciate al loro destino, non ci si preoccupa delle conseguenze, a volte tragiche, che questa nuova condizione può produrre. Uno Stato che aneli davvero al benessere dei suoi cittadini dovrebbe disporre di maggiori ammortizzatori sociali e di un sostegno psicologico gratuito per tutte quelle situazioni a rischio, e non “stupirsi” a posteriori per i gesti sconsiderati di omicidio/suicidio che troppo spesso si è costretti a leggere in cronaca.

Dott. Cristiano Pacetti

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