Descrivere un attacco di panico se non lo si è mai provato non è cosa facile. Infatti, al di là di qualsiasi definizione accademica, niente può rendere il senso di profondo terrore e la sensazione di morte o follia imminente che investe la persona senza che questa possa fare null’altro che subire. È come se non ci fosse niente oltre quei minuti, come se il mondo intero si fosse cristallizzato in un unico orribile attimo di terrore. La tachicardia, l’affanno la sensazione che nulla sia reale… parole. Queste sono solo parole di uno psicoterapeuta e non possono neanche avvicinarsi alla verità delle persone che l’hanno provata. Molto spesso le persone che soffrono di questo disturbo finiscono per vergognarsene, per rinunciare a parlarne perché per gli altri, sono loro “sani” non hanno niente di organico a scusare le loro crisi. Quasi vengono colpevolizzati “in fondo si ti senti male è perché ti ci vuoi sentire”.
Oggi in televisione si vedono sempre più di frequente psichiatri e medici generici che inneggiano all’uso di psicofarmaci, decantandone i benefici e l’immediatezza dei risultati. Una pasticca e l’attacco passa. Un’altra pasticca e un altro attacco passa. Poi, magari un giorno si finiscono le pasticche… e ci si accorge che la paura non è finita. Se una cosa la psicoterapia la sa fare bene è proprio quella di curare le patologie di spettro ansioso (cui gli attacchi di panico sono un esimio esponente). Allora il dubbio è che ancora una volta le case farmaceutiche si prendano il lusso di fare diagnosi e cura, senza considerare null’altro che il loro, già gonfio, portafoglio.
Dott. Cristiano Pacetti