Psicologia infantile: la terapia (2)

La possibilità di coinvolgere  un bambino in un percorso di terapia familiare è qualcosa che solitamente suscita qualche perplessità e resistenza. Spesso sono gli stessi genitori ad avanzare delle legittime richieste di chiarimento. In questa sede  sarà sufficiente dire che i bambini si prestano più o meno volentieri a qualche colloquio se i genitori sono più o meno convinti che sia utile dover andare in terapia.Di frequente  gli adulti valutano ed interpretano differentemente il problema, questa, assieme ad altre divergenze, sono proprio uno degli aspetti fondamentali per individuare modalità alternative e condivise di gestione e risoluzione delle difficoltà sofferte dai figli. Non di rado l’intera famiglia si presenta in seduta con una visione del problema o del sintomo poco chiara, come se fosse qualcosa di apparentemente incomprensibile. Mi preme di conseguenza insistere su quelle che ritengo essere  le funzioni principali del processo terapeutico familiare: 1) Fornire alla famiglia gli strumenti per vedere e comprendere il sintomo come l’espressione di un qualche disagio dotato di storia, di funzione e quindi di senso 2) Operare di conseguenza questa trasformazione di significato, dove il il sintomo non è più qualcosa di incomprensibile e terrorizzante, ma, proprio perché dotato di senso, qualcosa che potrebbe essere compreso, condiviso e risolto in base al suo essere relazionabile.

Vorrei  adesso approfittare di questo spazio in maniera paradossale mostrandovi cosa  e come NON DOVREBBE ESSERE LA TERAPIA FAMILIARE. Buona visione

Dottor Ettore Bargellini

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